Nicola Levoni «Sin da subito abbiamo ampliato il protocollo per tutelare la sicurezza dei lavoratori»

30 aprile 2020
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30 Aprile 2020
Gazzetta di Mantova
Intervista a cura di Monica Viviani

Mantova. Dalla riorganizzazione del lavoro alle sanificazioni continue: se tante aziende sono solo oggi alle prese con i protocolli di sicurezza anti-Covid in vistadella riapertura del 4 maggio, Levoni spa è tra quelle che li hanno ha dovuti metterein campo sin da subito perché non coinvolte dal lockdown. A raccontare alla Gazzetta come è cambiato il lavoro nel gruppo specializzato in produzione di salumi, con quartier generale Castellucchio, e delle preoccupazioni per il futuro dell’intera filiera è Nicola Levoni, 49 anni, presidente della Spa fondata dalla sua famiglia, amministratore delegato dell’azienda del gruppo Mec-Carni spa, presidente di Assica (associazione confindustriale delle carni e dei salumi) e vicepresidente di Federalimentare oltre che di Confindustria Mantova.

La vostra è una delle aziende non toccate dal decreto blocca-fabbriche in quanto essenziali, quanto personale ha al momento al lavoro?
«Nella fase iniziale, a causa dei timori per il lockdown, abbiamo registrato tra ilavoratori, 560 in tutto il gruppo, un’assenza attorno al 20% più alta rispetto al2019, in cui era circa del 10%. La situazione si è andata via via normalizzando e ainostri dipendenti va un sentito “grazie”».

Come vi siete organizzati e con quali misure per garantire protezione e sicurezza ai lavoratori?
«Esportando in tutto il mondo, le normative comunitarie e quelle dei Paesi terzi,assieme alle numerose certificazioni, hanno consolidato in azienda la cultura dellamassima sicurezza igienico-sanitaria: dal 24 febbraio abbiamo esteso anche aireparti al di fuori della produzione tutte quelle misure straordinarie divenuteobbligatorie con il Decreto. Il protocollo si è così ampliato includendo lamisurazione della temperatura in ingresso, la disinfezione delle mani, ladistribuzione delle mascherine e l’intensificazione dei trattamenti di igienizzazionedelle aree esterne e interne. Abbiamo scaglionato gli accessi ai reparti e alle zonericreative, abbiamo creato nuovi spogliatoi e abbiamo inibito lo scambio dipersonale tra aree. Negli uffici è stato introdotto lo smart-working per il 75% deidipendenti e stiamo installando paratie di plexiglass nella bottega, alla reception enella mensa. Agli esterni è stata vietata la discesa dai propri automezzi. La costanteinformativa garantita da Confindustria è stata fondamentale in questo frangente».

Ha trovato difficoltà nel reperire i Dpi?
«Esserci mossi con tempismo nella ricerca delle mascherine ci ha consentito direperire tutti i dispositivi necessari e siamo in fase di riapprovvigionamento».

In un momento di crollo dei consumi, ne state risentendo anche voi? Com’è cambiata la domanda?
«Siamo distribuiti, in particolare, nei negozi specializzati, in piccola parte nella Gdodove sono apprezzati soprattutto i preaffettati e, infine, nel canale HoReCa (attivitàche somministrano alimenti, ndr), quota che stava dando risultati importanti mache si è fermata completamente a causa della chiusura del settore ristorazione. Dasempre prediligiamo botteghe alimentari e macellerie selezionate e, dopo quasi 110anni, questa si rivela ancora una scelta attuale, soprattutto di questi tempi. Adircelo sono le oltre 10mila piccole botteghe che serviamo e con cui siamo legati daun rapporto familiare: tra loro ce ne sono molte che, in queste settimane, hannoiniziato a fare servizio a domicilio».

E i mercati esteri?
«Possiamo evidenziare due scenari molto diversi: il mercato europeo hasottolineato un andamento altalenante in quanto allo scoppio dell’emergenza, idistributori, i negozi specializzati e le gastronomie hanno aumentato gli ordini pertimore della chiusura dei confini. Usa e Asia si sono, invece, fermati poiché in queicontinenti la nostra distribuzione è principalmente dedicata al settore HoReCa».

Quali le difficoltà maggiori di questo periodo di attività?
«Questa situazione si innesta in un momento già complesso, legato alla sofferenzadel comparto dei prosciutti Dop con i magazzini di stagionatura già pieni e cali delle vendite nei banchi taglio, compensati solo in parte dall’aumento dei fatturati relativi ai
prodotti confezionati (affettati e cubettati). Quello che ci preoccupa è la salute dell’intera filiera produttiva: noi lavoriamo 100% italiano ed è la naturaleconseguenza del legame che abbiamo con la nostra terra. Qui vengono allevati isuini per produrre i nostri salumi, qui è radicata la tradizione della lavorazione dellecarni e si tramanda da una generazione all’altra il sapere della produzione».

Preoccupazioni per il dopo-emergenza?
«Ci auguriamo che i clienti continuino a stimare le aziende che hanno sempretutelato la qualità e che riprendano fiducia nel quotidiano. Speriamo che questo siaagevolato da decisioni lungimiranti dei governi con azioni concrete senzaburocrazia e che diano sostegno immediato alle imprese e ai lavoratori».

Ci racconta infine se e come avete cercato di essere vicini al territorio in questo periodo?
«Il nostro desiderio è valorizzare gli interventi che facciamo per il mondo dellacultura e dell'arte. Siamo sponsor dalla prima edizione del Festivaletteratura maanche di Trame Sonore e siamo soci fondatori della Fondazione Palazzo Te. Abbiamo pensato di condividere sui nostri canali social i contenuti di queste bellerealtà. Tutto questo parallelamente ad un’attività di supporto al territorio: ci siamoorganizzati con contributi di varia natura per l’acquisto e la distribuzione dimascherine per la cittadinanza, di dispositivi per la protezione personale deglioperatori di Croce Rossa, Croce Verde, Croce Bianca, Porto Emergenza, SoccorsoAzzurro e dell'Ospedale di Mantova. Abbiamo poi fornito i nostri prodotti a chi neaveva maggiore bisogno, in particolare agli operatori che lavorano sulle ambulanze.Riforniamo anche l’ospedale da campo di Bergamo, dove il servizio di mensa è curato dai fratelli Cerea».

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